giovedì 13 gennaio 2011

Elogio della sigaretta

Non la si negava nemmeno ai condannati a morte.
Un rotolino di tabacco incandescente fra le dita, una voluta di fumo che si allontana dalla nostra bocca.
La sigaretta è un simulacro che appaga  e si trasforma in piacere volatile ed inconsistente.
La sigaretta è un piacere solitario, da consumare fra sé e sé, e rimane tale anche quando la si fuma in compagnia.
C'è chi se la guarda mentre la fuma, fissa la punta che si illumina di brace e ascolta il fumo che gli scorre nei polmoni, c'è chi se la fuma veloce con la violenza di chi vorrebbe prendere a calci la vita ma non ce la fa. 
C'è chi la tiene stretta fra le labbra e chi la appoggia con voluttà, chi se la lascia cadere dall'angolo della bocca e chi la stringe fra i denti.
Ognuno ha un suo modo di celebrare il tabacco, le donne diverso dagli uomini, gli occidentali dagli orientali.
La sigaretta fra le labbra di una donna è una prova inconfutabile dell'esistenza di Satana. I rimandi, le allusioni, dalla mano alla bocca. 
C'è la sigaretta fumata in pausa pranzo, veloce, nervosa. La sigaretta che gratifica e appaga, quella che arriva come ricompensa fra le coperte o fra le scrivanie di un ufficio.
C'è la sigaretta che ti consola. C'è la sigaretta dopo il caffé, quella irrununciabile, che accompagna la convivialità. C'è la sigaretta, che viene dopo una sigaretta e prima di un'altra sigaretta, quella della rabbia, della noia, della tristezza.

Fumare una sigaretta è come raccontare qualcosa di sé.


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